Di Federico Roman
Fra pochi giorni si rinnova il consiglio e la presidenza federale, sollecitato da donne e uomini di cavalli, appassionato al tema e coinvolto nella mia funzione formativa nel mondo degli sport equestri, ho deciso di dedicare alcuni approfondimenti scritti al “nostro Mondo Equestre”, per dare un supporto, divulgativo e, mi auguro, concreto per il futuro della Fise.
Per farlo ho deciso di raccogliere le risposte ad alcune domande “profonde” e specifiche ai tre candidati. Sono interviste aperte che mi auguro possano fare luce sul futuro del nostro sport. Vi propongo le loro risposte, dandone pubblicazione su Sport24H.it, uno dopo l’altro. Un contributo che arriva attraverso questa testata on line che mi ha coinvolto, con la complicità di una vecchia firma dell’equitazione, quella di Luciana Rota, alla vigilia, durante e dopo i Giochi Olimpici. E l’avventura continua.
Ecco le prime risposte pervenute. Da Duccio Bartalucci, candidato alla Presidenza della Federazione Italiana Sport Equestri (settembre 2024). Un uomo di sport, un uomo di cavalli con un curriculum importante e un numero di esperienze impressionante: un Campionato del mondo e due Campionati d’Europa da cavaliere; da commissario tecnico, con oltre 150 “panchine” all’attivo. Una conoscenza degli Sport Equestri a 360 gradi quella di Duccio Bartalucci avendo, tra i tanti incarichi, ricoperto anche il ruolo di Direttore Sportivo delle discipline non olimpiche dal 2015 al 2022. Da gennaio dello scorso anno è CT della Colombia ma dopo l’Olimpiade di Parigi sogna di tornare in Federazione e di poterlo farlo da Presidente.
Intervista di Federico Roman a Duccio Bartalucci, candidato alla Presidenza della Federazione Italiana Sport Equestri
Dressage – Con il “progetto Croce” degli anni ’90, la Federazione aveva investito in esperienze pluriennali di cavalieri italiani all’estero, nella creazione dei Centri Federali a Roma e Milano, nell’utilizzo di cavalli esperti acquistati e nella collaborazione con tecnici stranieri di alta caratura (Theodorescu, Schultenbaumer, Ramseier, ecc.). Questo aveva portato la squadra italiana alle Olimpiadi due volte, raggiungendo come fiore all’occhiello il 5° posto ai Mondiali dell’Aia 1994, su 15 squadre presenti. Finito quel meccanismo, l’allontanamento dai vertici mondiali è stato costante, tamponato a turno individualmente da Pia Laus, Valentina Truppa, Sangiorgi e Zaza, con risultati via via al ribasso. A Parigi nessun italiano in gara, nemmeno a titolo individuale. Hai delle idee, dei nomi o ipotesi di una nuova struttura a cui affidare lo studio e la nascita di proposte?
Duccio Bartalucci: “Lo stato di salute lo hai descritto con una veritiera fotografia della situazione e quindi non mi soffermo su questo. Penso vi siano eccellenze italiane sotto il profilo tecnico formativo che vanno richiamate alla svelta e coinvolte in un progetto di rilancio e valorizzazione delle risorse che oggi, proprio a causa dell’allontanamento e del mancato ricorso alla competenza ed alla cultura equestre di figure a mio avviso imprescindibili se l’obiettivo è tornare competitivi ai massimi livelli in tutte le diverse discipline, stiamo depauperando in maniera grave e scellerata. Pertanto, è mia intenzione ascoltare le loro idee, le proposte di tutti perché con un movimento diviso e privo di progettualità, posso dire già da oggi con certezza che non andremo lontano anzi, andremo certamente e sempre più velocemente peggiorando”.
Completo – Il Completo è sempre riuscito a presentare una squadra, con l’eccezione di Londra 2012, anche se successivamente si è sempre qualificata all’ultimo, con il sistema dei recuperi. Inclusa Atlanta, in 8 edizioni vediamo un solo italiano entrare nei primi 10: Fabio Magni, quinto a Sydney, con Vittoria Panizzon undicesima a Londra, come secondo miglior risultato. La squadra mai oltre il sesto piazzamento. La Fise ha investito molto nell’organizzare frequentemente Campionati Internazionali da noi a ogni livello; i numeri dei praticanti sono definiti sempre in crescita, gli impianti ci sono ed anche di ottimo livello. Cosa manca e cosa si dovrebbe fare?
Duccio Bartalucci: “In questo settore siamo comunque stati presenti anche a Parigi con una squadra, ma come hai evidenziato, siamo ben lontani da risultati sportivi da ricordare. Al di là delle continue manifestazioni di auto referenzialità espressa dal presidente, penso si possa e si debba fare qualcosa di meglio. Non ho la palla di vetro e nemmeno formule magiche ma suggerisco di fare quello che ho fatto io: andando ad analizzare il percorso da cui è partita la Nazionale italiana di Pallavolo femminile e su cui Julio Velasco ha saputo costruire la straordinaria medaglia d’oro delle azzurre a Parigi, si possono individuare chiaramente almeno 3 elementi chiave che sono alla base di questo straordinario successo per lo Sport Italiano:
1) Competenza, mettendo le persone giuste al posto giusto;
2) Un progetto sportivo che sia condiviso e aggregante per diventare squadra;
3) Lavoro, tanto duro lavoro“.
Salto Ostacoli – I percorsi di Emanuele Camilli a Parigi ci hanno riempito di gioia. Ma un raggio di sole non fa primavera, specie un raggio partito dalla Germania, e con il Team Schockemöhle alle spalle. I migliori espatriano con grave danno per il Paese: tecnica, relazioni, cavalli, denaro. Alle Olimpiadi, l’ultima squadra presente è stata ad Atene 2004 con Chimirri, Arioldi e Garcia: settimi. Il miglior individuale dai database risulta Raimondo D’Inzeo, tanto criticato allora, con il dodicesimo piazzamento a Montreal 1976. Sono numeri di una cruda realtà che negli ultimi decenni nessun mandato presidenziale è riuscito a scalfire. A fronte dell’enorme flusso di denaro che circola nel nostro mondo, specie dal salto ostacoli, e non mi riferisco ai fondi della Fise, non è nato un sistema che renda possibile un’attività in Italia sufficientemente e selettivamente remunerativa per l’élite agonistica. Siamo destinati a perpetuare questa situazione? Aspettiamo qualche magica iniziativa privata o ci sono idee veramente potenti e nuove da realizzare?
Duccio Bartalucci: “Ad ottobre 2021 ho presentato al presidente, al segretario generale e al direttore sportivo un articolato e dettagliato progetto per il rilancio del salto ostacoli, evidenziando come non si potesse continuare a gestire soltanto la quotidianità. Il progetto partiva dalla valorizzazione e dalla sinergia con l’allevamento del cavallo italiano, vista come la prima risorsa per determinare nel tempo un ritorno alla competitività internazionale del nostro paese. Un complesso modello organizzativo che potesse portare a un’inversione di tendenza. Il risultato finale è stato che il presidente decise di destituirmi dall’incarico. Questo documento è disponibile a tutti coloro che sono interessati a conoscerlo e mi scriveranno in privato per poterlo ricevere”.
Formazione Istruttori – Il sistema della Formazione Istruttori, come oggi concepito, nasce nel quadriennio 1997-2000. Tutte le modifiche normative, i testi regolamentari, le slide illustrative e quant’altro, se guardiamo ai campi prova delle gare elementari, non sembrano aver prodotto risultati omogenei o soddisfacenti in termini di qualità. Guardando in prospettiva poi, tantomeno sembrano in grado di produrre generazioni di atleti con potenziale ritorno paragonabile allo sforzo burocratico, ai numeri coinvolti ed ai costi collegati. Chi iniziava a 10 anni nel 2000, oggi è un cavaliere maturo ultra-trentenne. Quanto al comparto del Completo, posso affermare con certezza e cognizione di causa che i migliori insegnanti di questa disciplina hanno radici del tutto diverse dall’apparato federale esistente oggi. Che fare?
Duccio Bartalucci: “Spero di dare delle risposte chiare e incisive senza però dilungarmi su un tema che, per essere analizzato nella sua specificità, richiederebbe ore di discussione. Per gli Istruttori, meno numeri e più qualità. Devi saper fare e dimostrare ciò che richiedi a un tuo allievo; devi avere qualità motivazionali, etiche e di presenza che ti consentano di svolgere un ruolo di riferimento anche educazionale verso i giovani. Inoltre, poiché considero che questo paese abbia eccellenze nelle diverse discipline, queste devono essere coinvolte in un processo propositivo, a prescindere dai loro orientamenti”.
Quadri tecnici di alto livello – Ogni azienda con budget e numeri corposi come quelli della nostra Federazione (ben oltre i 20 milioni di euro l’anno, mi pare), si occupa di formare o acquisire e migliorare i quadri direttivi attraverso i classici strumenti di esperienze differenziate e di livello progressivo, confronti, contatti piramidali e trasversali, nonché verifiche finali. Mi pare che la nostra ottica sotto questo profilo sia piuttosto chiusa nel ridefinire dettagli marginali o attribuire al tecnico di turno responsabilità importanti, molto intrecciate con aree dove il suo campo d’azione è nullo. Spesso l’apparato burocratico detta alla fine le regole, che a volte non hanno nessuna correlazione con le indicazioni di strategia sportiva e tecnica. I nostri unici quadri che potremmo inserire in una prima fascia a livello internazionale sono giudici, delegati tecnici e disegnatori di percorso, nati dalla propria capacità e dal proprio lavoro. L’esperienza di chi aveva frequentato come istruttore da vicino esempi e cultura del mondo internazionale si sta disperdendo. Ci hai pensato? Succederà qualcosa di nuovo?
Duccio Bartalucci: “Ho più volte detto in questi mesi che non voglio morire da Presidente della FISE se dovessi essere eletto ed è anche uno dei motivi per cui intendiamo lavorare da subito, già dal primo anno nell’ottica di un ricambio generazionale, nei diversi livelli dei vari segmenti che compongono la filiera equestre nazionale”.
Campagna elettorale sui bilanci e deleghe – Non ti è venuto il dubbio che aver centrato una parte importante della campagna elettorale sul piano quasi legale (le deleghe) e sui bilanci passati sia alla fine poco capita da molti sportivi e lasci qualcuno perplesso?
Duccio Bartalucci: “Nel corso della campagna elettorale abbiamo parlato di tante cose ed affrontato una moltitudine di argomenti relativi alla totalità delle discipline, olimpiche e non. Chi ha avuto la bontà di leggere il mio manifesto elettorale ha trovato risposte a tante domande e curiosità. Entrando nel dettaglio di ciò che mi hai chiesto vorrei sottolineare una cosa: questa contesa ha evidenziato che vi sono due squadre che stanno giocando una partita di calcio, con una delle due che però lo sta facendo portandosi da casa la palla, l’arbitro, decide la modalità del gioco e fissa regole che non valgono per entrambe. Ora, va bene essere signori, benissimo anche il Fair Play, ma di farsi prendere in giro non se ne parla. Inoltre, è importante sottolineare un altro concetto fondamentale: improntare parte della campagna sulla denuncia di diversi comportamenti, alcuni dei quali al limite della legalità o comunque contrari ai principi di democrazia, non è stata una scelta, ma una conseguenza di ciò che l’attuale governance ha messo in atto per la propria campagna. È incredibile assistere a comportamenti inaccettabili da parte di dipendenti, collaboratori sportivi, rappresentanti degli stessi tesserati, come i presidenti di comitato regionale, che sottoscrivono lettere indirizzate ai tesserati per screditare chi si propone come alternativa, influenzando il voto quando dovrebbero essere super partes e offrire ai propri tesserati l’opportunità di valutare liberamente”.
Rapporto con Clara Campese e gli stakeholders – È evidente, dopo le prime schermaglie di inizio candidatura, che vi sia una saldatura ideale tra te e Clara Campese. Ci spieghi, in caso di tua elezione, quale ruolo avrebbe nell’organigramma Fise ed in quali aree si verrebbe a concretizzare la sua presenza? Parallelamente, i gruppi che ti hanno sostenuto nella campagna elettorale potrebbero in parte entrare attivamente negli organi federali. Con gli stakeholders esterni, quale rapporto credi di mantenere?
Duccio Bartalucci: “Con Clara abbiamo trovato strada facendo una convergenza importante, e nell’ultimo mese si sono visti i frutti di questa sinergia. La gente ha cominciato a capire che insieme possiamo veramente cambiare le sorti del nostro sport. Qualora uno di noi due diventasse presidente, l’altro svolgerà un ruolo significativo perché il nostro sarà un governo di coalizione. È naturale che, avendo caratteristiche e storie diverse, ciascuno cercherà di dare il proprio contributo valorizzando le proprie competenze. Al di là di mettere più risorse a favore dello sport, credo che tutte le persone che hanno competenza, valore e voglia di aiutare saranno benvenute a bordo. La sfida non deve essere all’interno del nostro Paese ma con le Nazioni di tutto il mondo, ad ogni livello e in tutte le discipline, olimpiche e non olimpiche.”